L'autore sostiene di voler colmare una lacuna nelle opere che si sono occupate della storia della Valle d'Aosta perché "italiano ancor non s'accinse a tesserne la storia"; non solo, egli non vuole fare come i suoi predecessori Aubert e De Tillier che si sono fatti prendere dalle "cose favolose", ma intende entrare nel merito della storia, mettendosi sulla scia dell'Orsières e del Gal, a suo dire brevi e precisi, e ancor più in quella del Promis che Palmero elogia per il suo lavoro "pregiatissimo".