Psicoreato, psicopolizia, Minver (Ministero della Verità) sono neologismi coniati da Orwell per dar vita al sistema di controllo onnipervasivo messo in atto dal regime totalitario descritto nel suo celebre romanzo distopico: 1984. Una finzione letteraria, certo, ma storicamente fondata. Basti pensare alle conseguenze medico-legali dello Stato etico concepito da Giovanni Gentile durante il fascismo: se la coscienza individuale è un’emanazione dello Stato, il quale incarna l’eticità stessa, chiunque non rispetti la norma etica regolandosi in base al proprio pensiero e non secondo i dettami del pensiero unico statale, è fuori dallo Stato, è a-normale, è antinazionale, rappresenta un grave pericolo per la comunità e in quanto tale può essere considerato un deviante da perseguire penalmente, ma pure un elemento patogeno da curare o, se incurabile, da segregare. Da qui le diagnosi psichiatriche di “psicosi politica”, “paranoia politica”, “delirio politico” o addirittura “morbo di Lenin” registrate nelle cartelle cliniche di antifascisti internati nei manicomi di Stato. Un fenomeno, questo della normalizzazione giudiziaria e/o medica dell’anormale politico, che non si esaurisce con il Ventennio. Dopo un’introduzione generale, l’argomento verrà trattato presentando alcune vicende biografiche documentate e studiate, come quelle degli attivisti valdostani Giovanni Bassanesi e Camilla Restellini.