Sabato 2 dicembre 2023, alle 16, nel Salone Maria Ida Viglino di Palazzo regionale si svolgerà la conferenza “Carta di Chivasso: storia, attualità, prospettive”, dedicata all’80° anniversario della Dichiarazione delle Popolazioni Alpine avvenuta a Chivasso il 19 dicembre 1943. L’evento è promosso dalla Presidenza della Regione, dall’Università della Valle d’Aosta, dall’Istituto Storico della Resistenza e dalla Fondation Émile Chanoux. Si tratta del secondo degli eventi organizzati nell’ambito delle celebrazioni dell’80° anniversario della Resistenza, della Liberazione e della Autonomia della Valle d’Aosta previsti dalla legge regionale 14/2023 approvata dal Consiglio Valle nello scorso mese di agosto per valorizzare il patrimonio storico e culturale che ha caratterizzato gli anni della resistenza partigiana e dell’antifascismo e si inscrive in quella fase storica in cui, tra il 1943 e il 1948, si posero concretamente le basi della nascita della Regione Autonoma Valle d’Aosta. Nell’incontro di sabato 2 dicembre porteranno i saluti istituzionali Presidente della Regione Renzo Testolin, il Presidente del Consiglio regionale Alberto Bertin e inoltre Mario Leone nella sua qualità di Direttore dell’Istituto di studi federalisti Altiero Spinelli. Corrado Binel, dell’Istituto Storico della Resistenza e Manuela Ceretta, Rettrice dell’Università della Valle d’Aosta, introdurranno e concluderanno l’evento che sarà animato da tre relatori. Michele Vellano, Ordinario di Diritto dell’Unione europea dell’Università di Torino con un intervento dal titolo: “Il ruolo degli enti locali nel presente e nel futuro dell’integrazione europea”. Daniela Preda, Direttrice del dipartimento di scienze politiche e internazionali dell’Università di Genova e del Centro interuniversitario di ricerca sulla storia del federalismo e dell’integrazione europea con un intervento dal titolo: “Federalismo e autonomia: la Carta di Chivasso”. Infine Pier Paolo Portinaro, Ordinario di filosofia politica dell’Università di Torino con un intervento dal titolo: “Federalismi reali e federalismi possibili”. Come spiega Corrado Binel: “ Domenica 19 dicembre 1943 un piccolo gruppo di persone, rappresentanti del mondo valdese e della Resistenza valdostana, ma anche di una parte dell’area politico-culturale del federalismo italiano, si incontra a Chivasso, in casa del notaio Edoardo Pons, per redigere una “dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine” nella quale intendono condensare le loro aspettative circa un futuro assetto dell’Italia capace di garantire una ampia autonomia politico-amministrativa ma anche culturale e economica a quelle comunità alpine che storicamente sono portatrici di una originalità linguistica, religiosa e storico-culturale. La “Carta di Chivasso” esprime in questo senso l’auspicio che alla fine della guerra possa nascere un’Italia profondamente diversa da quella che è andata progressivamente costruendosi tra il 1861 e lo scoppio della Seconda guerra mondiale. La “Carta di Chivasso” si esprime con forza in favore di un regime “Federale repubblicano a base regionale e cantonale” che sia fedele allo “spirito migliore del Risorgimento”. In quegli stessi giorni del ’43, prendevano corpo le prime formazioni della Resistenza italiana; le prime azioni concrete di una battaglia a tutto campo: militare, culturale e politica contro il regime fascista. Come ha scritto Susanna Peyronel Rambaldi “La Dichiarazione di Chivasso fu certamente una di queste azioni improvvise e coraggiose che guardavano al futuro con grande speranza”. Nella casa milanese di Mario Alberto Rollier, uno dei firmatari della Carta di Chivasso, si tennero anche le prime riunioni e furono battute a macchina le prime copie clandestine del “Manifesto di Ventotene”, “Per un’Europa libera e unita”, di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. Come scriverà Emile Chanoux in “Federalisno e autonomie” a proposito della Carta di Chivasso, essa “…ha una portata ideale e, diremmo, una ispirazione politica che va oltre ai problemi delle vallate alpine. Ciò che i rappresentanti di queste valli hanno affermato vale per tutte le regioni italiane, per i piccoli popoli che formano quel tutto che è il popolo italiano”. Da allora ad oggi sono trascorsi Ottant’anni, poco meno di un secolo. Ottant’anni che probabilmente non hanno eguali nella storia dell’umanità. Anni di immense trasformazioni tecnologiche, industriali, politiche, sociali e culturali a livello globale. Per queste e molte altre ragioni, una riflessione oggi, su questi temi, a quasi un secolo di distanza, non può che essere ancora, come allora, una riflessione sul nostro futuro, sul nostro possibile ruolo di piccola regione alpina; per il futuro di un’Europa comune fondata sul valore della pace, della tolleranza, della democrazia, del riconoscimento delle tante sue identità locali e infine della condivisione di un comune destino.”.